Il disegno, bruttino, è frutto della formazione di metà servizio. Il suo titolo è Moti ondosi che aiutano a crescere e rappresenta il 'mio' fiume dopo questi primi 150 giorni di servizio.. se continuate a leggere sicuramente capite il suo 'perchè'!
Sono stata in Afaghanistan, con i talebani che minacciano e feriscono con coltelli tutti i ragazzi che non vogliono arruolarsi nell’esercito, così come hanno fatto con Issam. Dall’Afghanistan sono anche scappata, ancora piccola, con Abdul quando la sua mamma l’ha messo su un camion che doveva attraversare il deserto e farlo così fuggire dalla guerra e dal regime.
Sono stata in Ucraina, con i figli di Lyudmyla che coltivano l’orto ma non possono più uscire nemmeno per andare al lavoro perché fuori ormai c’è una guerra. E, in Ucraina, sono stata anche nella casa della sorella di Alina e con i figli di Alina, bombardata per metà. Per fortuna, o per destino, io e i bimbi di Alina eravamo nella parte rimasta miracolosamente in piedi.
Sono stata in Costa d’Avorio, con i figli di Ake che giocano con i nonni, ma non vanno più a scuola perché il loro papà, in Italia, non guadagna più abbastanza per poter mandare i soldi fin laggiù.
Sono stata in Pakistan, con Atif quando ha compiuto 6 anni ma non ha iniziato la scuola. E, ora, a 18, per fare la sua firma è costretto a copiare il suo nome che gli ho scritto io.
Per le vacanze sono tornata con Maria in Moldova, a trovare la sua famiglia. Figlie, figli e nipoti.
Per le vacanze, però, sono stata anche in Burkina Faso con Idriss a trovare la sua mamma che non riabbracciava da ormai 6 anni. E sua moglie. E sua figlia. E sì, certo che gli mancano..
Sono stata anche in Norvegia, con la famiglia di Amir, quando lui è stato ‘beccato’ e rimandato in Italia perché aveva un permesso di soggiorno che lì al nord lo rendeva clandestino.
Sono stata in Sicilia, con Mosson a raccogliere le arance quando, subito dopo il suo arrivo in Italia su uno di quei barconi che vediamo alla tivù, stremato ha iniziato a lavorare per non morire di fame proprio ora che pensava di 'avercela fatta'.
Sono stata in Perù, dal papà di Carmen mentre lui moriva e pensava a quella sua figlia ormai lontana, emigrata in Italia e che non era riuscita a trovare un po’ di soldi nemmeno per raggiungerlo in quegli ultimi momenti.
Sono stata a Pescarenico, in carcere con Giuseppe, dopo che aveva picchiato la moglie. E sono stata con lui anche su quella panchina in riva al lago quando è uscito e non aveva più niente.
Sono stata in Marocco con Zahara, quando ancora era felice perché in casa aveva una macchina da cucire.
In Marocco sono stata anche quando i genitori di Fatima l’hanno promessa sposa di un suo cugino e lei non voleva diventare grande e mettersi quel velo..
In Romania, poi, ci sono stata tante volte. Partendo da qui, ma sempre in pullman e mai in aereo..!
Dalla Somalia e dalla Siria, invece, sono scappata. Non da sola, ma con tanti ragazzi. Io, a 25 anni ero la più grande fra tutti loro.
Sono stata in Senegal con i sei figli di El Hadji che sono talmente numerosi che il loro papà non si ricorda mai le loro date di nascita. Ma quando è arrivato quel pacco di vestiti è stata una festa perché tutti hanno creduto che il loro papà, dall’Italia, pensa anche a loro.
Sono stata nella Repubblica Dominicana quando Ramon ha deciso di partire per l’Italia e raggiungere la moglie, perché a 60 anni non si riesce più a vivere senza la compagna di una vita.
Sono stata in Italia quando il secondo figlio di Elizabeth ha deciso di venire al mondo un po’ troppo presto.
Le storie sono vere. I nomi no. Per rispetto delle storie.
E le storie sono (alcune) di quelle che colorano il 'mio' mondo e che aspettano solo una porta aperta.
E se loro entrano, io, in qualche modo esco, da me stessa.
Le ho scritte così, come sono, senza abbellirle, senza addolcirle né indurirle. Chiedono di essere ascoltate. Mai giudicate. Mai compatite. Mai respinte.
Se tu penserai, se giudicherai
da buon borghese
li condannerai a cinquemila anni più le spese
ma se capirai, se li cercherai fino in fondo
se non sono gigli son pur sempre figli
vittime di questo mondo.
(Fabrizio De Andrè)
Per lo più sono storie di chi ha avuto il coraggio e la forza di andare..e la fortuna (o benedizione) di arrivare. Perché, sì, io ci credo che Migrare è un Diritto e Non un crimine..
(La foto è stata scattata a Berlino.. non in Italia) |
"L'avvenire è sempre incerto. Costruisci, getti le fondamenta, se sei sicuro di vivere. Dici: è casa mia, la costruisco un pò alla volta, finirò per abitarla. Allora hai un avvenire, hai uno scopo. Ma qui, non vivono realmente, dal momento che non vivono come quelli di qui. Allora, nessuno qui ha un avvenire, nessuno è padrone del proprio avvenire. Non si è mai visto un futuro certo in un paese straniero. è come un orologio: gira, gira. Tutto qui. I giorni, i mesi, gli anni.. Sei in un paese, trascorri la tua gioventù, ci perdi la tua salute, lavori. [...] L'incertezza vale per tutti: non è vivere, tutto quello che incominci a fare, dici che non lo puoi fare, dato che, prima o poi, non sai mai che cosa può capitare. Sei sul chi vive. E se..? E se..? E se ci rimandano indietro, che cosa sarà di me? Questa è l'emigrazione, questo è vivere da stranieri in un altro paese. [...] Il nostro elghorba (l'esilio) è come qualcuno che arriva in ritardo: arriviamo qui, non sappiamo nulla, dobbiamo scoprire tutto, imparare tutto."
E se invece, qualcuno scommettesse davvero su di loro? Su Issam, su Mosson, su Elizabeth, su Zahara..?
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