"Il frère con lui è gentile e paziente e noi siamo contenti che sia così.
Non ci domandiamo: "Perchè il frère preferisce Naji a tutti noi?".
Non ce lo chiediamo perchè a Naji vogliamo bene e le persone che amiamo è come se fossero noi."
Se non fossi
egiziano, Ala Al-Aswani
Sul treno di ritorno,
rifletto spesso sui racconti o sulle situazioni accadute durante il
giorno, per custodire una piccola memoria personale, una memoria dove
tenere le vite fragili che incontro. Quando conosci un pezzo di vita
dell'altro, ti rendi conto che necessiti di dover creare uno spazio
per lui, un ambiente dove accogliere queste storie con cui ogni giorno
vivi.
Hai la consapevolezza che dev'essere una stanza dove poter rielaborare ciò che entra.
Hai la consapevolezza che dev'essere una stanza dove poter rielaborare ciò che entra.
Lo ritengo un esercizio
quotidiano, probabilmente un'azione che compiono molti educatori,
assistenti sociali, psicologi, insegnanti, professionisti che
lavorano con persone "spezzate".
Provo a scrivere quello
che accade di più significativo sul mio diario di bordo perchè le
parole lasciate sulla carta rappresentano ciò che di più caro abbiamo,
bloccando quell'evento, memorizzandolo.
Memorie fatte di buche, di
scale in salita e in discesa, di muri senza porte e senza finestre
che non permettono ad altri di prendere con sè quella sofferenza.
Memorie senza confini.
In momenti semplici,
quotidiani e inaspettati, queste porte si spalancano e quelle vite ti
inondano. Impensabile, quella persona con te non ha un rapporto
profondo, ti conosce da poco. Accedere alla memoria altrui è
un'operazione difficile da compiere, in cui usare un'estrema
delicatezza.
"La condizione umana, René Magritte"
Alle volte è proprio quando ti senti distante, non adatto e sconosciuto che per unirti e costruire quel ponte di relazione devi "deporre le armi" e dire "sono qui per te...se vuoi stare solo, va bene; ma se vuoi parlare un po', lo sai che ci sono...".
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