Piazza Gasparri, Comasina. Nell’aria odore di pioggia, i portici affollati come al solito. Davanti alla sede dell’Associazione Combattenti Reduci e Simpatizzanti alcuni anziani discutono animatamente mentre dietro la vetrina illuminata una ragazza è indaffarata al bancone a lavare dei bicchieri. L’argomento non è chiaro, ma a giudicare dalle voci che si accavallano infervorate sembra di vitale importanza. A un altro tavolino due egiziani fumano e parlano davanti a una tazzina di caffè. In fretta mi appiattisco contro un pilone del colonnato per far passare due signore che si fanno strada con passeggini spianati lungo la strettoia tra i tavolini e la ringhiera dei lavori in corso per la metropolitana. In piedi, alcuni passanti si sono fermati a osservare e commentare una misteriosa cascata d’acqua che scorre impetuosa dentro la fossa accanto la scavatrice, sotto lo sguardo fermo di un operaio. Sto ancora cercando di capire se il suo sguardo sia fermo perché ha la situazione sotto controllo o se stia assistendo impotente al cedimento di una tubatura quando svolto l’angolo e sono investita da un chiasso festoso. E’ l’ora dell’uscita di scuola e sulla piazzetta antistante l’”ICS Sorelle Agazzi” è una specie di gioioso marasma. Bambini di ogni dimensione si rincorrono sfrenati e ridono come pazzi, mentre i genitori cercano di riacciuffarli. Enumero possibili nazionalità, tirando a indovinare, per gioco. Bambini cinesi, peruviani, pakistani, marocchini, egiziani. Cerco di ipotizzare qualche paese dell’Africa. Molti fra qualche anno saranno italiani. Lo sono già. Mamme vestite in ogni modo, foulard colorati, capelli raccolti a coda, sciolti, lisci, ricci, neri, mesciati. Sulle panchine, in cerchio, le donne discutono e ridono. I bambini giocano sul ponticello con la fontana e sulle aiuole. Fanno merenda e leggono. Alcuni sono così minuti che sembrano quasi più piccoli dei Gormiti stampati sui loro giganteschi zaini. Su una panchina, a destra, due giovani donne cercano di tenere d’occhio i loro bambini e allo stesso tempo di prestare una diplomatica attenzione a qualche discorso che uno dei due vecchi signori seduti sulla panchina a sinistra sta cercando di intavolare con loro al di sopra del vociare, sporgendosi sul suo bastone. Molti ridono. Questo è quello che mi colpisce di più, e mi sembra per un momento una scena irreale, da quanto è bella. E’ come un’esplosione. Come se si componesse già senza sforzo quello che è ancora così spesso oggetto di logoranti discussioni, previsioni e calcoli politici. Poco più in là, sul campo da basket di cemento in mezzo a un cortile tre ragazzi portano a spasso un cane. Uno di loro scoppia in una risata per sottolineare una battuta. Quella risata schietta e un po’ timida di ragazzo che – penso – senti solo in periferia. Dove mi sembra che la gente sia troppo consapevole di essere costantemente al centro di quello che realmente succede per convincersi davvero di essere definita “periferia”. Qui le strade di ognuno di noi si incrociano continuamente, alcune dopo aver percorso migliaia di chilometri, altre lunghe in tutto qualche centinaio di metri. Tutte qui, in fondo, per caso. Non sempre la città è tenera con chi la abita, ma adesso il monumentale e inquietante “Supercondominio di piazza Gasparri” sembra cullarci tutti. Piccoli miracoli quotidiani, da queste parti.
Mi piace davvero molto questo squarcio di vita quotidiana. Spesso ci dimentichiamo come sia sorprendente la vita intorno a noi: basterebbe fermarsi un momento ad osservarla, così come hai fatto tu, per cogliere questo spettacolo che di solito vediamo sfrecciare veloce davanti ai nostri occhi :)
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